N: Capitolo 1° – Presentazione

La mia è solamente arte degenere, per chi vuole cogliere la citazione.

Oppure la mia è solamente una proposta indecente, che qualcuno potrebbe anche sentirsi di accettare.

Il progetto di cui vi voglio parlare, il mio progetto, si chiama ‘N’.

Ad un certo punto questo è diventato il nome della mia ricerca.

‘N’ è un progetto che non ha un impianto progettuale definito. ‘N’ è un progetto di ricerca, qualcosa di aperto, qualcosa che si costruisce man mano che si va avanti nella ricerca, qualcosa che ha l’ambizione di essere vivo.

 

‘N’ non vuole essere un prodotto; si rifiuta di diventare un prodotto, è questa la sua caratteristica principale.

 

‘N’ ha due anime o meglio: due forme dell’energia.

 

Da un lato è un animale mostruoso, ambizioso, affamato, che vuole divorare tutto ciò che trova attorno a sé, che vorrebbe assimilare a sé, alla propria forma mostruosa tutto ciò che incontra, ordinarlo alla propria fisiologia.

 

Per il verso opposto N’ è un grande fiore che sboccia spontaneamente sotto il cielo.  Che non fa altro che costruire un ponte tra la terra nella quale affonda le radici e la luce di un sole potente.

E questo calore proviene da lontano, da un cielo che a volte sembra perduto.

 

Prima ancora della questione del genere, la questione del linguaggio, la questione della forma.

In parole povere che si tratti di musica, che si tratti poi di un genere di musica, piuttosto che per un altro aspetto che si tratti di una strana forma di letteratura, più o meno poetica, o in che senso poetica.. È una questione vecchia, antica se vogliamo ma vecchia per quanto mi riguarda, che mi porto dietro consapevolmente da almeno una quindicina d’anni. Probabilmente è molto più vecchia nella mia biografia ma di sicuro si ancora per come la penso adesso a domande che sono molto più antiche e non per questo, anzi forse proprio per questo profondamente inerenti a questioni che apparentemente non sarebbero collegate forse alla mia biografia.

 

Se dicessi che dietro a tutto questo si muove una domanda di fondo tra le altre, che potrebbe essere proprio cosa sia l’arte: in che modo l’arte è arte, in che modo l’arte vive, in che modo funziona il senso dell’avere senso e del dare senso.

 

In realtà sono davvero le occasioni a renderci ciò che siamo e oggi quello che sono, nella difficoltà immensa che ho se dovessi definirlo, beh è il frutto di tutto ciò che sono stato almeno dal giorno della mia nascita o forse da quello del mio concepimento, o forse per come mi capita di pensare ultimamente da molto prima. Ma di sicuro, per rimanere al lavoro che è venuto negli ultimi anni, di cui poi parlo quando parlo di questa cosa chiamata N’. Insomma, oggi sono il frutto degli ultimi anni, in maniera particolare. La maniera particolarmente intensa in cui questo tempo mi ha scritto e continua a scrivermi è qualcosa che muove tutto ciò che oggi sono e che è nell’ordine delle cose.

In pratica N’ è una domanda aperta sull’esserci.

 

 

Tutte queste spiegazioni sono inutili.. Questo è solo un aspetto marginale rispetto alla considerazione che tutte le spiegazioni sono impossibili.

 

Non avrei modo di spiegare ed è da qui che nasce l’esigenza di spiegare. Tutto questo nasce dal fatto che non ho modo di vivere e proprio da qui nasce l’esigenza di vivere.

 

Ci sono le canzoni, le canzoni sono il prodotto ad oggi. Le canzoni sono un aspetto del linguaggio e anche un aspetto della ricerca. Queste cosiddette canzoni sono scrivere ed essere scritto.

 

A posteriori è come dire: il prodotto che hai prodotto ti ha prodotto, e ti produce il tuo produrre.

Il tuo produrti in produzione ti produce, il tuo fare ti fa, il tuo pensare ti pensa, beh ho l’impressione che sia sempre così.

 

In pratica un lavoro di esplorazione dell’ombra, che dura da un po’ con la premessa di non potere aver fine probabilmente o perlomeno che non sia necessaria.

 

Come dire: l’ombra è infinita e non c’è nessuna fretta di inseguire l’infinito.

 

Un lavoro dove ciò che è marginale diventa sistematicamente centrale e ciò che è centrale rischia di diventare continuamente marginale.

 

Dopo tutto questo questo tempo che ci si barcamena nell’ombra e con l’ombra, beh, sono arrivato ad una chiave di lettura, ad un metodo, ad una sensata considerazione: parte da un concetto molto in voga ultimamente, si parla spesso di zona di confort, nella campo della psicologia legata ad aspetti di crescita personale: confort-zone.

 

Mi sono fatto un’idea su fatto che l’esplorazione dell’ombra non sia per forza di cose un fatto traumatico,  se si riesce a mantenere un’impostazione metodologicamente coerente con un aspetto legato alla concezione della zona di confort, a questa idea.

 

La zona di confort è, mi sembra che sia, viene considerata quella parte del nostro agire all’interno della quale stiamo a nostro agio e non abbiamo problemi a funzionare in maniera efficace/efficiente. Sostanzialmente è stare nel flusso che già sappiamo e sappiamo fare, non interromperci rispetto a ciò che già siamo; io la vedo corrispondente alla nostra zona di consapevolezza, rispetto all’esplorazione di ciò che noi siamo , visto che in questa visione non c’è distinzione tra l’esplorazione di ciò che noi siamo e l’esplorazione di ciò che il mondo è.

Allora mi sembra dopo un po’ di poter affermare che l’ombra può essere esplorata senza troppi traumi a patto che noi riusciamo a muoverci nell’ombra sempre facendolo a piccoli passi in maniera da rimanere sempre al confine, poco fuori dal confine con la nostra zona di confort, con i confini della nostra coscienza. Insomma il problema potrebbe solo quello di perdersi nell’ombra, di non ritrovare una strada che ci riporti a ciò che di noi già sappiamo.

Ecco, piccoli passi nell’ignoto, e poi passaggi di verifica. D’altra parte tutto ciò che noi

consideriamo essenzialmente scientifico risponde in linee generali a queste caratteristiche.

 

Allora N’, in pratica e in soldoni diventa (cosa): musica sì, qualcosa che a voler degenerare nell’idea di linguaggio e di genere passa attraverso la scrittura di canzoni. A questo per degli incidenti di percorso e per una necessità naturale probabilmente, a questa progettazione e attuazione in forma live, si è legata la produzione  di raccolte con delle registrazioni di brani: la prima di queste si chiama ‘Note Sbagliate’ ed è un progetto discutibile, del quale si può appunto discutere. La seconda penso che sia in arrivo, non ne sono sicuro ma comunque questa cosa sul sito è già stata annunciata con l’idea che questa raccolta debba chiamarsi ‘Malavita’.. (e poi …)  Non c’è due senza tre, la centratura dei miei progetti è sempre legata all’idea di tre o tre per tre. E quindi tutto mi farà pensare che in ogni caso una terza raccolta, magari con delle caratteristiche completamente diverse dovrò seguire.  Anche la raccolta ‘Malavita’ che ancora deve venire, ma sarà ad un certo punto probabilmente venuta, chi lo sa? Poche certezze in questo progetto.

 

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